CATANIA - Un’ordinanza innovativa che potrebbe fare giurisprudenza, quella emessa dalla prima sezione civile del Tribunale di Catania. Il caso trattato è quello di due coniugi (dei quali non faremo nomi per motivi di privacy e per tutelare il minorenne), ai quali il giudice istruttore, dott. Felice Lima, ha imposto una perizia medico-legale-attitudinale per stabilire chi tra i due fosse più idoneo a tenere con sé il bambino e decidendo poi, a perizia eseguita, di affidarlo congiuntamente a entrambi i genitori ma di collocarlo dal padre nonostante la piena capacità della madre ad assolvere il compito genitoriale. Non solo. Quest’ultima “dovrà contribuire al mantenimento del bambino versando al marito un assegno mensile di 500 euro entro il 5 di ogni mese... che andrà rivalutato annualmente secondo l’indice Istat/Foi. I coniugi concorreranno nell’eguale misura del 50% ciascuno alle spese straordinarie eventualmente necessarie per il figlio”.
Un’ordinanza coraggiosa, che ripristina la volontà del legislatore che ha disciplinato il divorzio in Italia. Infatti, nel caso di separazione, nella quasi totalità dei casi i figli vengono collocati con le madri che, dunque, hanno diritto a occupare l’abitazione familiare estromettendo l’altro coniuge, ciò in applicazione di una norma non scritta né mai codificata. Pochissime le eccezioni, che riguardano i casi in cui lei sia oggettivamente incapace di provvedere alla prole (perché, per esempio, alcolizzata, reclusa, malata). Circa dieci anni fa il legislatore specificò con un’apposita modifica della legge che, in caso di separazione, l’affido sarebbe spettato a entrambi i genitori. Ma i Tribunali hanno spesso adottato la soluzione forse più semplice: collocare i figli con le madri, lasciando loro la casa familiare e ordinando ai padri di versare l’assegno di mantenimento.
Scrive il giudice nell’ordinanza del 2 dicembre scorso: “Vi è una tendenza diffusa ad affrontare il tema del collocamento dei figli sulla base di un non confessato pregiudizio di fondo per il quale: 1) i figli piccoli “sarebbero” principalmente delle madri; 2) ai padri verrebbe solo “consentito” di esercitare i loro diritti/doveri; 3) il collocamento “naturale” dei figli dovrebbe essere presso la madre; 4) il collocamento presso il padre dovrebbe ritenersi “innaturale” ed “eccezionale” e il provvedimento che lo dispone abbisognevole di motivazioni particolari e straordinarie, mentre invece lo stato del diritto e dei principi etici generalmente condivisi nel nostro Paese è al contrario, poiché i figli sono di entrambi i genitori, che hanno uguali diritti e uguali doveri e, in mancanza di prove del contrario, entrambi sono idonei ad esercitare le loro responsabilità e a divenire collocatari dei figli”.
Sempre secondo il giudice, “una maggiore ricorrenza statistica di provvedimenti giudiziari di collocamento dei figli presso i padri contribuirebbe, peraltro, alla diminuzione del numero di “padri disimpegnati” e “madri proprietarie” che tanti danni arrecano all’educazione e serena crescita dei figli minorenni”.
È naturale che se in futuro i Tribunali si avvarranno di una perizia per stabilire con chi collocare i figli, questi potrebbero andare alle madri, risultando più idonee rispetto ai loro mariti. Ma l’aspetto innovativo e importante è che l’ordinanza del Tribunale etneo ristabilisce la par condicio voluta dal legislatore tra i coniugi in procinto di separarsi, i quali sarebbero certamente più attenti e collaborativi nel ricercare soluzioni condivise. Inoltre, questo provvedimento ha spostato nuovamente l’attenzione sui figli e sulle loro necessità. Il giudice istruttore Felice Lima è uno delle massime autorità in tema di separazioni e divorzi, componendo la sezione etnea di famiglia che abbraccia quasi tutta la provincia, partecipando alle evoluzioni giurisprudenziali di merito sempre apprezzate dai giudici di legittimità.
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