L'art. 1241 e ss. c.c. disciplina l'istituto della compensazione, che, essenzialmente, consiste in un modo di estinzione delle obbligazioni a carattere satisfattorio. In particolare, quando due soggetti sono debitori e allo stesso tempo creditori l'uno nei confronti dell'altro, la compensazione comporta l'estinzione dei debiti fino alla concorrenza dello stesso valore, restando in vita l'eventuale residuo di ammontare maggiore. Tale fattispecie opera solo qualora entrambi i debiti siano omogenei (ovvero entrambi hanno per oggetto una somma di denaro o cose fungibili dello stesso genere) liquidi (cioè determinati con precisione nel loro ammontare) ed esigibili (non sottoposti a termine o condizione).
Tuttavia, vi sono dei casi in cui, pur in presenza dei presupposti summenzionati, la compensazione non si può verificare o solo parzialmente. In particolare, l'art. 1246 al n.3 eccettua l'applicazione della compensazione al "credito dichiarato impignorabile", ovvero quel credito che, in considerazione del suo valore morale e della sua funzione di sostentamento, non può essere sottoposto a pignoramento oltre il limite del suo quinto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1246 n. 3 e 545 III e IV co. c.p.c. (ad esempio, somme dovute ai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito).
Nell'ipotesi in cui la compensazione si riferisca ai crediti/debiti vantati reciprocamente da lavoratore e datore in virtù del rapporto di lavoro fra loro in essere, i limiti legali della compensazione sopracitati non si applicano, in particolar modo il limite quantitativo (limite di un quinto) previsto dall'art. 545 c.p.c. Tale fattispecie, proprio per la sua peculiare natura, viene definita compensazione atecnica o impropria.
Quindi, laddove i debiti/crediti del lavoratore e del datore di lavoro derivino da un unico rapporto, si effettuerà semplicemente un'operazione algebrica di dare/avere a conguaglio, esulando così dall'ipotesi della compensazione tipica e conseguentemente dai limiti previsti in tale fattispecie (Cass. Civ. 91/7002). Ad esempio, quando il datore di lavoro voglia compensare il credito risarcitorio per danni da prestazione lavorativa non diligente con il credito retributivo vantato dal prestatore, il limite della compensazione sino ad un quinto non sussiste, in quanto il debito/credito deriva dall'unico rapporto di lavoro e pertanto si tratterà solamente di effettuare un'operazione algebrica di dare e avere. Chiaramente, nell'ipotesi in cui esistesse nel contratto collettivo di riferimento una clausola che prevede il limite del quinto per la compensazione, anche nel caso di crediti/debiti derivanti dall'unico rapporto di lavoro, non si potrà fare a meno di tener conto di questo limite (Cass. 30.7.87, n. 6618; Cass. 03/9904).
Al contrario, quando i debiti/crediti del lavoratore e del datore di lavoro derivano da rapporti autonomi, allora dovrà essere applicata la disciplina e i limiti previsti per la compensazione tipica prevista all'Art.1241 s.s. c.c. ed in questo caso le parti potranno compensare i propri crediti/debiti sino alla concorrenza del quinto dello stipendio del lavoratore.